Taccuino di viaggio N°0: Sant'Eustachio

Crediti: Le pecore al fiume, Transumanza 1900/1920 - concessione di Enzo Gentile, foto Pietro Di Rienzo - Archivio La Foce di Scanno

“Colui che produce buone spighe”, quale nome migliore per santificare la speranza della vita, dell’abbondanza e della salvezza? L’origine delle parole è la migliore delle eziologie e offre sempre un buon punto di partenza. Eustachio è un nome multiforme, carico di significati e ricorrenze. Santo patrono di paesi come Scanno (AQ) e Campo di Giove (AQ), le sue celebrazioni cadono in settembre e sono da sempre particolarmente sentite in tutto l’Abruzzo montano e sono legate alla transumanza.

“…le sue celebrazioni cadono in settembre e sono da sempre particolarmente sentite in tutto l’Abruzzo montano.”

Da sempre, in quelle sommità di roccia, al ritmo cadenzato dell’anno solare segnato dal moto terrestre, si contrapponeva il tempo segnato dal moto processionale dei pastori. Il 20 del mese donava ai pecorai l’ultima festa prima della nuova migrazione in trasumanza, concedeva loro l’ultimo recupero degli affetti e delle forze. La tavola riusciva ad accordare tali urgenze e abitudine dei campogiovesi era quella di preparare per l’occasione una minestra chiamata “pappone”, a base di pane raffermo, patate, pancetta e verdure di stagione. Eustachio è per la religione cristiana il martire guerriero, eremita e viandante, il cui carattere si riassume in uno slancio di difesa contro l’ignoto e la potenziale ostilità degli eventi. Il nome del Santo dà il nome ad un piatto che cita gli ingredienti di una ricorrenza, che ha il sapore dell’esodo e la forma di una promessa.

Ricetta

Un piatto che viaggia nel tempo della transumanza

Per le quenelle: – 4 fette di pane di solina; – 1 spicchio d’aglio rosso di Sulmona; – 1 patata grande di Avezzano; – Brodo vegetale a base di pomodorini, porro, cipolla, carota e un pizzico di sale; – 1 cucchiaio di olio EVO. A freddo inserisci in una pentola dell’acqua e le verdure per fare il brodo vegetale, sala leggermente. Una volta pronto filtralo e utilizza parte del brodo per lessare la patata rossa di Avezzano, tieni da parte il brodo restante. Taglia il pane a dadini, tostalo in una padella con dell’olio e uno spicchio di aglio rosso di Sulmona privato della camicia e dell’anima interna, una volta tostato aggiungi poco brodo vegetale. Quando la consistenza del pane si ammorbidisce frullalo insieme alla patata precedentemente lessata ed aggiungi del sale al bisogno. Con l’ausilio di due cucchiai forma le quenelle e tienile da parte.

Per la crema di Gregoriano: – 150 g di Gregoriano; – 100 g di latte. In un pentolino fai sciogliere il Gregoriano tagliato in pezzi con il latte. Mescolate fino ad ottenere una consistenza liscia. Tieni da parte. per la salsa di cime di rapa: 150 g di cime di rapa, 1 spicchio d’aglio rosso di Sulmona, peperoncino fresco q.b., 2 alici sottolio, sale q.b., 1 cucchiaio di olio EVO. Lessa le cime di rapa in acqua salata, una volta sbollentate saltale in padella dove avrai precedentemente soffritto e sciolto le alici, l’olio, l’aglio e il peperoncino. Frullale per ottenere una crema liscia e densa, aggiungi poca acqua fredda al bisogno. Per l’indivia confit e per la pancetta: – 4 foglie di indivia; – 100 g pancetta tesa; – Olio EVO. Sbollenta l’indivia e immergila in acqua fredda, adagia le foglie su una teglia foderata di carta forno leggermente unta, cospargi le foglie di indivia con un filo di olio di oliva, massaggia per distribuirlo omogeneamente. Inforna a 150° per un’ora e tieni da parte. Taglia la pancetta tesa a listarelle sottili e lasciala rosolare in una padella antiaderente, poi toglila dal fuoco e lasciala raffreddare su una carta assorbente. Tagliala al coltello, così da ottenere delle briciole. Impiatta servendo sul fondo la crema calda di Gregoriano e la salsa di cime di rapa, disponi le quenelle di pane e patate, le foglie di indivia confit e il crumble di pancetta tesa.

Ingredienti della ricetta Sant'Eustachio

Il perché di Sensus Casei

Sensus Casei il senso del formaggio

SENSUS CASEI è una ricerca sulla vita pastorale in Abruzzo, muove i passi attraverso gli elementi del suo ecosistema e le declinazioni delle sue materie prime. È un viaggio atipico, non segue tappe geografiche ma si snoda in un itinerario sentimentale proprio di una specifica comunità, della quale il formaggio è emblema e punto di partenza. I prodotti caseari dialogano con ingredienti poveri e locali, si traducono in piatti che vogliono riflettere su quanto di immateriale i ritmi agresti hanno imposto e lasciato.

Il senso del formaggio vuole essere un interrogativo aperto a nuove possibili interpretazioni, culturali e gastronomiche. SENSUS CASEI è un taccuino di viaggio che medita sul senso di casa. Per farlo al meglio è necessario partire con gli uomini che, della casa, hanno soprattutto subito l’assenza.

Chi è Culinarie Confidenze

L’Abruzzo è la mia casa, casa mia sta in tutti i luoghi capaci di evocarlo. Classe 1992, segni particolari: una religiosa fede per la ciaudella e un sincero attivismo per la conservazione della memoria.

Mi chiamo Valeria, cucino compulsivamente e sono una restauratrice. È mio desiderio poter conoscere l’essere umano attraverso le sue tracce materiali e immateriali. Credo che arte e cibo abbiano molto in comune, con la scrittura sigillo il loro legame.

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